“Nel PCI si teorizzava che il dirigente politico doveva arrivare al vertice senza essere influenzato dalla ricerca del consenso. Il contrario delle primarie. Anzi venivano selezionati quelli che erano meno alla ricerca del consenso. Quando, nel PCI, sorse il problema della successione a Luigi Longo, fosse stato il PD, avrebbe fatto le primarie tra Amendola e Ingrao. Sarebbe stato un disastro. Invece un gruppo dirigente illuminato prese uno che era timido, spigoloso, che non piaceva a nessuno. Si chiamava Enrico Berlinguer. E dissero Lui sarà il Segretario. E si rivelò un grande leader. Il popolo non lo avrebbe mai scelto. Anche se poi dopo divenne il leader politico più popolare della storia d’Italia. Ma non avrebbe mai vinto le primarie. Fu scelto da un gruppo dirigente illuminato.
I partiti non possono prescindere da questi meccanismi. Le organizzazioni in cui funzionano questi meccanismi sono le organizzazioni più solide, più durature. E in grado di esercitare un ruolo nella storia.
Nella chiesa cattolica, non si fanno le primarie. Si scelgono i migliori.
C’è un confine tra la democrazia e il populismo. E il confine è che la democrazia è un sistema nel quale la volontà popolare è anche il frutto di un processo di formazione. C’è dialettica tra l’esercizio di un ruolo dirigente, di guida, d’indirizzo, direi persino di un ruolo pedagogico, e la formazione della volontà popolare. Quando la volontà popolare si esprime al di fuori di un processo di formazione, la volontà popolare può produrre dei guai enormi. Come ci spiega un bellissimo libro di Zagrebelsky: il popolo scelse Barabba.
E per questo poi sono nate quelle organizzazioni che hanno saputo guidare il popolo. Orientarlo. Educarlo. Se la democrazia non ha corpi intermedi, è come un corpo umano che non abbia la struttura ossea. Si affloscia pericolosamente.
È la mia una convinzione antidemocratica? Arcaica? Diciamo una visione arcaica. Ma secondo me attualissima. Quello che è accaduto dimostra l’assoluta fondatezza di questa visione.”