Intervento tenuto in data 28 gennaio 1998 (seduta N. 304) “Seguito della discussione del progetto di legge costituzionale sulla revisione della parte seconda della Costituzione (A.C. 3931) (Seguito della discussione sulle linee generali).”
“GIOVANNI PITTELLA. Signor Presidente della Camera, signor presidente della Commissione, onorevoli relatori, colleghi, voglio esprimere uno stato d’animo e qualche breve considerazione di merito.
Quanto allo stato d’animo, mi sento un deputato fortunato. Essere un parlamentare costituente alla mia prima legislatura mi carica di responsabilità, ma anche dell’onore di partecipare all’opera di ammodernamento della Carta costituzionale. È per tutti noi un’occasione importante per porre il sigillo a norme che consentiranno di governare in modo più moderno il nostro paese. Una riforma costituzionale non si fa ogni giorno, è un avvenimento eccezionale, e perciò stesso carico di solennità e responsabilità. È avvenimento che segna un passaggio storico e ipoteca un pezzo di futuro. Credo che sia anche la risposta giusta alla crisi della politica, alla necessità di chiudere la fase destruens della transizione italiana e di accelerare la fase construens di un nuovo sistema politico fondato limpidamente sul principio dell’alternanza.
Sento che questa è la volta buona per alleggerire il peso davvero ossessivo della caduta delle ragioni della politica e dell’autorevolezza delle nostre istituzioni democratiche. C’è chi pensa, in buona o cattiva fede, che le scorciatoie del populismo e del qualunquismo possano sintonizzarsi con gli umori più viscerali che salgono dal paese tanto da formare non solo una miscela esplosiva, ma un cemento che fondi un nuovo assetto statuale, mentre noi abbiamo il dovere di difendere la strada democratica e il modello di democrazia rappresentativa adeguandolo alla domanda sempre più pronunciata dei cittadini di partecipare, controllare, giudicare. Ma questo è possibile solo e soltanto ad una condizione, che questo Parlamento sia capace di una formidabile e coraggiosa iniezione di fiducia. Dare fiducia per ottenere fiducia. Per questo, e non certo per motivi di partigianeria, voglio esprimere innanzitutto all’onorevole D’Alema il convincimento che egli, accettando di cimentarsi in uno sforzo denso di insidie, ha dato prova di grande coraggio e di un’altissima concezione dello Stato.
Vengo ora alle mie considerazioni. La prima è che l’architettura della distribuzione dei poteri che la Commissione ci consegna necessita a mio giudizio di alcuni rifacimenti. Le ambiguità vanno cancellate, come ha già detto poc’anzi l’onorevole Spini. Mi sembra che le proposte emerse dall’ultima assemblea dei sindaci e dei presidenti di regione meritino la più seria considerazione. È anche aperto il dibattito sul ruolo delle province. Credo che vadano evitate drammatizzazioni e posizioni rigide e precostituite. A mio avviso va mantenuta l’esistenza di un ente intermedio tra regioni e comuni i cui vertici siano di tipo elettivo, ma con modifiche rispetto agli attuali consigli provinciali.
Più in generale credo che si debba rafforzare durante l’iter parlamentare la spinta all’autogoverno locale. Lo Stato deve conservare le funzioni essenziali, ma non di più. Ne consegue che la sussidiarietà va intesa nel senso che allo Stato compete ciò che realmente non possono fare le regioni e i comuni. Lo stesso federalismo fiscale non può risolversi in una potestà generale attribuita allo Stato, mentre gli enti locali avrebbero soltanto l’odiosa funzione di far pagare di più, pena l’impossibilità di assolvere le loro funzioni.
Che dire, poi, dei poteri in materia di beni ambientali e culturali, di gestione delle ricchezze del sottosuolo. Su queste materie l’arroccamento centralistico è a dir poco eccessivo.
La seconda considerazione è che merita attenzione anche la parte relativa ai rapporti tra l’Italia e l’Unione europea (ne ha parlato nel suo intervento anche l’onorevole Li Calzi qualche minuto fa). I tre articoli dedicati alla materia costituzionalizzano i rapporti e questo è certamente un fattore positivo. Il Governo, però, nell’impostazione che ci viene proposta conserva tutte intatte le sue prerogative, nel senso che il rapporto con l’Unione europea viene ancora inquadrato nella fattispecie dei rapporti internazionali, mentre l’evoluzione del diritto comunitario ha determinato di fatto una cessione di potestà nazionali agli organismi comunitari su materie che influiscono immediatamente e direttamente sulla vita dei cittadini. Il problema dell’associazione del Parlamento ai processi decisionali europei è tutto aperto. Il Parlamento rimane un terminale passivo, ma ciò non è accettabile dal momento che regole commerciali, fiscali e monetarie vengono ormai fissate nelle istituzioni europee. Il Parlamento non può essere escluso dalla legislazione vera. Lo stesso trattato di Amsterdam pone il problema dell’associazione dei parlamenti nazionali alla formazione delle leggi europee. Non possiamo ignorare pertanto questo monito, che tra l’altro è stato già condiviso dal nostro Governo. Si tratta di dare forza alla Commissione per le politiche europee e associare stabilmente ai lavori del Parlamento nazionale i nostri rappresentanti al Parlamento europeo che vivono una sorta di vita separata dal paese che li ha eletti. Si tratta di prevedere che il Parlamento nazionale abbia la possibilità di esaminare gli atti comunitari fin dalla prima loro stesura e di vincolare il Governo con un diritto di riserva. Si tratta, infine, di costituzionalizzare che almeno le regioni abbiano il diritto di accesso diretto alla Corte dell’Unione europea contro atti normativi nazionali e comunitari che ledano i loro spazi di autonomia.
Concludendo, onorevoli colleghi, chiedo maggiore nitidezza sul versante della dislocazione dei poteri locali e più attenzione all’Europa e al ruolo del Parlamento nel rapporto con l’Europa. Sarebbe un atto di miopia politica se riducessimo il valore e la portata delle riforme ad un’ennesima puntata di un duello sui problemi della giustizia o se fossimo condizionati dalle ragioni della tattica politica. Stiamo ridisegnando le istituzioni democratiche di un paese nel quale non solo noi, ma i nostri figli dovranno vivere.”
Per approfondimenti:
Visualizza qui l’intervento dell’onorevole Pittella (Inserire collegamento al pdf “SEDUTA DI MERCOLEDI` 28 GENNAIO 1998”)
Visualizza qui l’intervento del deputato Pittella (Inserire collegamento al link “https://storia.camera.it/video/19980128-aula-seduta-304#nav”)