In queste settimane di fuoco, Ursula Von der Leyen ha usato una frase particolarmente efficace “sembra che non vi sia alcun ordine nel disordine”. In effetti la virulenza delle decisioni di Trump, si è combinata con l’assenza di criteri logici relativi ad entità di dazi per Paese e con una comunicazione condita e tracotante , malgrado il mondo ed in particolare i mercati finanziari bruciassero migliaia di miliardi.
Francis Fukuyama ha detto che Trump non capisce l’economia altrimenti non si comprende come un presidente americano possa fare una cosa così dannosa al suo popolo e al suo Paese.
Ed ad un certo punto, all’improvviso, Trump si è fermato: salvo che per la Cina, ha sospeso tutte le misure previste per gli altri Stati. Questa decisione ha potuto provocare, se qualcuno fosse a conoscenza in anticipo della scelta del Presidente, guadagni pari al Pil di qualche Paese europeo.
Ma torniamo al punto: perché Trump ingaggia una guerra commerciale così aspra e poi si ferma e come saranno utilizzati questi novanta giorni di pausa dalla Unione Europea. Trump non è un amante dell’ordine liberale fondato sul soft power, sul commercio internazionale e sulle relazioni trans atlantiche quale pilastro della stabilità mondiale.
Ritiene che il deficit commerciale molto alto, il deficit finanziario e il debito che gli Stati Uniti hanno contratto con vari Paesi del mondo , dai Paesi Europei alla Cina, non possano essere più attutiti dal ruolo del dollaro quale moneta di riserva dal momento che i BRICS si sganciano dal dollaro e la UE introduce l’Euro digitale . Parte alla guerra come è solito fare un negoziatore professionista, alza la posta incurante delle dilacerazioni di rapporti storici e dei gravi danni indotti alla sua stessa America. Poi si ferma perché il fuoco è troppo alto e rischia di travolgerlo. Preferisce trattare dopo aver spaventato molti. E nella trattativa inserisce anche l’acquisto del debito americano persino a cento anni.
Io credo che la postura della Unione Europea sia condensata in tre verbi: negoziare, rispondere e diversificare. Evitare in tutti i modi la deriva di stagflazione a cui una guerra commerciale conclamata può portare. Negoziare ponendo sul tavolo la possibilità di acquisto di gas liquefatto americano e di armi è un cronoprogramma sull’euro digitale più digeribile. Ed avendo sempre in mano l’eventualità di risposte più dure che riguardino le piattaforme digitali.
E nel frattempo diversificando come sta già facendo in direzione di mercati nuovi e di realtà interessanti come la Cina, l’America Latina, l’Africa. Da questo punto di vista non chiudere l’accordo col Mercosur sarebbe un errore grave. Infine, la Ue deve essere unita, il più possibile! Perché è in corso una rivoluzione di cui la politica commerciale è solo una parte.
In gioco vi è la sfida tra democrazia e autocrazia. E l’Europa ha il dovere di mettersi alla testa dei sistemi democratici, anche correggendone i difetti che non sono pochi.