L’avvento di un nuovo “Decreto Semplificazioni” ci impone di considerare uno tra i fenomeni che rischia di riaffiorare in questo delicato momento storico consistente nella corruzione.
Per quanto il fenomeno sia antichissimo come ci insegna Cicerone che nel “Processo di Verre” ne fa una significativa illustrazione, il legislatore, negli anni, nel momento in cui si è confrontato con detto tema ha diretto i fari non tanto sulle cause del fenomeno, quanto sulle politiche di riduzione dello stesso investendo menti ed energie sui processi ordinati a neutralizzare la condotta illecita del corrotto e del corruttore. Si è cercato, in altre parole, di neutralizzare il fenomeno in argomento infittendo le misure di controllo e inasprendo le sanzioni senza però badare, o almeno interrogarsi, sulle cause che portano alla materializzazione e alla distribuzione della cd. “bustarella”.
Raramente si è sentito parlare – e solo per bocca di uomini di cultura mai troppo ascoltati – della cd. “corruzione istituzionale” o delle istituzioni. Certamente l’argomento non toglie il sonno al legislatore, nonostante in questi ultimi tempi alcune Università, per merito di Professori con una spiccata sensibilità sociale, trattano la questione con corsi specifici. Ma di cosa si tratta?
Si è già detto che il tema della corruzione non è questione dei giorni nostri; così come si è detto che l’attenzione del legislatore si è sempre concentrata sulla “corruzione soggettiva” e mai sulle cause; in questa sede si vogliono considerare, invece, le cause della corruzione e come queste (le cause) indisturbate continuano ad alimentarla.
La prima, apparentemente insignificante, può essere individuata nell’“eccesso di legislazione”. Anche qui ci confrontiamo con un tema arato dai padri della nostra cultura. Publio Cornelio Tacito, l’autore degli Annales, elaborò il noto brocardo latino corruptissima re publica plurimae leges, tradotto, moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto. In altre parole la moltitudine di leggi dello Stato tende a mascherare la corruzione dello stesso.
I diversi ambiti in cui si trovano ad operare i cittadini e le imprese nel nostro Paese sono inflazionati di norme che spesso creano un vero e proprio cortocircuito. Da ciò consegue che, al ricorrere di determinati “presupposti” la norma può essere interpretata in un senso, ricorrendone altri, la stessa norma, potrà, invece, essere interpretata in un senso completamente diverso.
Insomma, a dispetto della certezza del diritto che quale principio dovrebbe informare il nostro ordinamento, in determinati ambiti, la moltitudine di interventi normativi determina quale effetto un repentino mutamento delle regole da applicare per la risoluzione dei problemi.
La seconda causa della corruzione è rappresentata dalla chiarezza e accessibilità delle leggi.
Tale circostanza è nota e non abbisogna di commenti. Le leggi che “circolano” nel nostro ordinamento sono, infatti, criptiche, di difficile interpretazione e per questo poco accessibili. Siffatta circostanza non incide solo sull’affermazione del fenomeno della corruzione, bensì anche sull’economia in generale. Leggi poco chiare e inaccessibili ostacolano, infatti, anche il commercio e gli investimenti che le imprese estere potrebbero fare nel nostro Paese.
La terza causa del fenomeno della corruzione è rappresentata dalla burocrazia intesa come la moltitudine degli uffici e degli organi che costellano la galassia dell’amministrazione. Autorizzazioni o concessioni spesso sono subordinate ad un percorso irto di ostacoli che coinvolge più di una amministrazione.
Continuando a riflettere sul tema si potrebbero individuare ulteriori e importanti cause della corruzione. Forse però è il caso di non mortificarsi oltre. Quanto detto sino a questo momento, basta, infatti, a rappresentare un quadro certamente non incoraggiante rispetto al quale nessuno ancora ha pensato di intervenire. Ed è forse proprio questa l’ulteriore causa della “corruzione istituzionale”, quella forma di indifferenza o, se si vuole essere più indulgenti, di distrazione che porta gli addetti ai lavori ad indossare le lenti sbagliate per osservare e curare un fenomeno ormai dilagante, per non dire longevo.
Per tale ragione non possiamo che augurarci che al “Decreto Semplificazioni” in corso di pubblicazione non segua un bis, un ter o un quater ma, semplicemente, una riforma strutturata per la gestione della cosa pubblica chiara e intellegibile, capace di resistere negli anni.
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