Questa settimana per “Le Grandi Interviste” ho avuto il piacere d’intervistare Tommaso Cerno già direttore dell’Espresso, già condirettore di Repubblica, dirigente nazionale di Arcigay e attualmente senatore del Pd, è una personalità importante del mondo politico e della informazione italiana.
Grazie Senatore per aver accettato il nostro invito.
Si sta votando il Presidente della Repubblica, sono giorni fondamentali per il Paese. Quali sono le sue emozioni, i suoi pensieri e le sue speranze?
Credo che l’Italia meriti un parlamento capace di guardare all’interesse generale e non -per dirla con Guicciardini- al proprio particolare. E se questo significherà votare una grande personalità con il rischio che la legislatura possa terminare, perché gli italiani vogliono voltare pagina, noi abbiamo il dovere di mettere il nostro mandato, che poi è il loro mandato, a disposizione. La mia emozione verrà quando avrò la sensazione che fra il Paese e o suoi rappresentanti c’è, pur nelle distanze politiche, il reciproco rispetto e il medesimo spirito di sacrificio per il bene dell’Italia.
Per lei è la prima volta che è chiamato a concorrere alla elezione del Capo dello Stato… che sensazioni sta avendo?
Ho provato la sensazione di improvviso silenzio interiore. Davvero per qualche istante il dibattito ormai fin troppo approfondito e continuo su chi sarà e come ci si arriverà ha lasciato il posto a un momento di coscienza. Di pensiero profondo. Su cosa un italiano deve pensare e poi fare oggi per dare un suo piccolo contributo al futuro di tutto. È stata una sensazione che non avevo mai provato. E che ho accolto con grande rispetto pensando alle figure che mi hanno emozionato nella mia formazione. Penso a persone come Loria Fortuna, come Aldo Moro, come Enrico Berlinguer, come Marco Pannella. Ho capito che voglio davvero bene all’Italia.
Il Paese sembra uscire dalla terza ondata della pandemia, cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Tanto è stato fatto. Un enorme girotondo di popolo ha aiutato governo e parlamento, ma soprattutto medici e volontari a scongiurare il peggio. Non facciamo l’errore di cantare vittoria. La vittoria in questo caso si chiama normalità. Ma se il covid ci darà tregua, usiamo questa tregua per pensare a chi è rimasto indietro. Perché la crisi sanitaria ed economica non ha colpito tutti allo stesso modo. Proprio in onore di chi è morto, bisogna mettere piedi e mani dentro il Paese reale e tirare fuori dalle macerie chi rischia di perdere la strada, la speranza, il futuro.
Guardando al mondo, ai nuovi focolai di crisi, alle nuove insidie del tutto diverse da quelle del passato, crede che la politica oggi esprima la forza e l’autorevolezza per vincere queste sfide?
La morte improvvisa di David Sassoli ci obbliga a capire che oggi solo se crediamo davvero nell’Europa che è il motore culturale e democratico più avanzato del pianeta possiamo riuscire in questa impresa. Sarebbe vile e ipocrita ricordarlo a parole e poi mancare in questa grande battaglia che lui con la costanza e il pudore di un uomo libero ha combattuto avrà. Dai piccoli gesti alle sue grandi imprese.
Grazie senatore è stato un piacere e un privilegio ospitare questa conversazione con Lei sul nostro portale.