Nella storia repubblicana è la quarta volta che gli italiani sono chiamati a un referendum confermativo di una modifica costituzionale, privo di quorum per la sua validità.
È la prima volta invece che i cittadini si trovano di fronte a un taglio lineare da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori senza che vi sia un benché minimo cambiamento nelle funzioni dell’istituto assembleare, senza cioè che vi sia alcun disegno generale, bensì accompagnato da due unici argomenti considerati decisivi: i parlamentari sono ‘troppi’ e il loro taglio costituirà un motivo di ‘maggiore efficienza’ dell’organismo parlamentare e di ‘risparmio di costi’ per gli italiani.
È utile pertanto, prima di ogni ragionamento di merito, smentire queste balle grossolane, figlie di una stagione di demagogia antipolitica e violenta destrutturazione dell’impalcatura democratica del nostro Paese.
I parlamentari sono troppi?
Non se lo domandano in Francia dove sono 923, tra Senato e Assemblea Nazionale, pressappoco lo stesso numero dei nostri. Non se lo domandano in Inghilterra dove sono 1426 tra Camera dei Comuni e House of Lords, 471 più che in Italia.
Con la nuova legge, l’Italia avrebbe un parlamentare ogni 101mila persone (ora è 1/64mila), un rapporto più alto di Germania (1/117mila), Francia (1/116mila) e Olanda (1/115mila), scendendo di fatto all’ultimo posto tra i 27 stati dell’Unione nel rapporto tra deputati e abitanti.
Questa distorsione nel caso delle regioni più piccole (in Basilicata si ridurrebbero a 4 deputati e 3 senatori) e degli eletti all’estero è ancora più marchiana e con effetti drammatici sulla rappresentanza.
L’argomento per cui i parlamentari sono ‘troppi’ è dunque smentito clamorosamente appena si esce dalla propaganda. L’Italia avrà un parlamento tra i meno rappresentativi del mondo e, nel caso degli eletti all’estero e nelle regioni medio piccole, questo carattere si farà anche più insopportabile.
La ‘maggiore efficienza’ dell’organismo parlamentare è un’altra tesi del tutto infondata e che appartiene al vecchio drammatico motto del più la bugia è grande e più la gente ci crederà.
E’ falso immaginare che con tale legge aumenterà l’efficienza dei lavori delle Camere, perché si renderà invece precario e macchinoso il funzionamento delle commissioni e degli altri organi del Parlamento ma soprattutto nulla cambierà dell’unica cosa che dovrebbe cambiare senz’altro, il bicameralismo perfetto o eguale immaginato, all’epoca saggiamente, dai Costituenti per diluire in un lungo processo democratico la funzione legislativa di un Paese che usciva dalla dittatura fascista.
Con la riduzione dei parlamentari infatti non si tocca il nostro peculiare sistema bicamerale per il quale abbiamo due assemblee, Camera e Senato, che fanno esattamente la stessa cosa in un estenuante ping pong. Il tentativo di riforma del 2016 che avrebbe distinto le funzioni, costituendo un Senato delle regioni, ridotto di numero, e con eletti su scala regionale, sappiamo come è finito. Anche per le resistenze di coloro che oggi si gloriano di un taglio lineare assolutamente inutile e dannoso.
E infine l’ultimo argomento. I costi, la tanto sbandierata riduzione dei costi.
È l’unico argomento vero se non fosse risibile nel contenuto economico e pericoloso nel pensiero che sottende.
Irrilevante dal punto di vista economico: 52,9 milioni di euro all’anno per i deputati (230 eletti in meno per un costo annuo di 230mila euro ciascuno) e 28,7 milioni per i senatori (115 eletti in meno per un costo di 249mila euro ciascuno). In totale, 81,6 milioni in meno. Togliendo le imposte, il risparmio netto ammonterebbe a 57 milioni, 0,007% della spesa pubblica totale annuale.
Ma ancora più grave è il pensiero che sottende, l’idea che la democrazia sia un costo da tagliare mentre invece l’unica cosa a ridursi con questa legge scellerata è una riduzione della rappresentatività del Parlamento rispetto alla complessità sociale e politica del Paese.
La democrazia rappresentativa va difesa sempre, anche quando e se qualche suo rappresentante è poco degno o non degno.
Il Parlamento è la casa della democrazia.
Votiamo NO al referendum per difenderlo e riprendiamo il percorso della vera riforma che differenzi il ruolo delle due Camere, e garantisca un sistema elettorale in cui ai cittadini sia riconsegnato il loro diritto di scegliere il proprio rappresentante, bocciando o premiando chi sbaglia e chi merita, non tagliando in modo indifferenziato come se si trattasse di un foglio di carta ingiallito.