Poche parole per introdurre la mia rubrica “Basilicata. La storia, la politica, il suo popolo”.
Ritengo che la conoscenza sia una grande risorsa, come anche un’ottima opportunità di crescita, e sono convinta che entrare nelle radici profonde di un territorio, specialmente in quelle del proprio territorio, sia un’esperienza che richiede tempo, sacrificio e dedizione per crescere con consapevolezza.
E’ un po’ come ricostruire l’albero genealogico della propria famiglia perché, in fondo, la Basilicata è una grande famiglia.
La mia rubrica rappresenta il mio impegno per i lettori lucani e non, per questo mi auguro che siate invogliati a leggere le storie che vi propongo con la stessa forza che mi caratterizza e mi induce a divulgare quanto più possibile la bellezza delle radici a cui appartengo. Raccoglierò le testimonianze di quanti hanno concorso a realizzare il quadro politico e la storia della Basilicata, utilizzando al meglio le potenzialità del territorio.
Buona lettura!
Rosita Stella Brienza
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CHI SONO I GIOVANI LUCANI? SCOPRIAMOLO INSIEME.
In questa intervista ho raccolto le parole di Mario Migliaccio, un giovane lucano di Sant’Angelo le Fratte che non solo ama la sua Basilicata, ma crede fermamente nell’Europa, cercando di viverla concretamente sotto le sue mille luci: storiche, antropologiche, filosofiche e sociologiche.
Mario, educatissimo e autentico, parla quattro lingue, vive tra Dublino e Parigi e rappresenta, nella sua straordinaria unicità, una piccola traccia di orgoglio lucano.
La sua storia è commovente e, per questo, sia lode a sua mamma che si è occupata da sola del suo unico figlio da quando il bambino aveva nove anni. E doppia lode, sempre a lei, per non aver trattenuto Mario, permettendogli di vivere la sua vita e, dunque, scegliendo per lui la libertà, valore che esprime dignità e amore.
Mario Migliaccio, cosa ci racconta di sé?
Ho 22 anni e attualmente vivo a Dublino. Sono cresciuto in Basilicata, fra Sant’Angelo le Fratte e Potenza, dove ho frequentato il liceo linguistico Leonardo da Vinci. Fin dall’infanzia sono stato affascinato dalle culture vicine e distanti nel tempo e nello spazio, ed è per questo che, da bambino, chiesi a Babbo Natale un mappamondo per poter errare, con l’immaginazione, per le oasi della Mauritania e per le steppe dell’Asia Centrale – che avrei poi ritrovato nelle pagine de Il Milione di Marco Polo in adolescenza.
E la Basilicata la conosce bene?
In occasione delle vacanze estive del 2014, quando mia madre mi domandò dove volessi andare, le chiesi di portarmi nei paesi lucani che non conoscevo. Visitammo Muro Lucano, Corleto Perticara, Laurenzana, Tricarico, Aliano e tanti altri borghi dell’entroterra lucano: scoperte straordinarie! Col passare del tempo mi sono innamorato sempre più della storia in senso lato, locale e globale, e, forse anche un po’ ispirato dai miei viaggi in giro per l’Europa, ho deciso di dedicare il mio tempo e i miei studi alle questioni della storia e del patrimonio culturale.
Poi la laurea e la scelta di continuare a studiare a Parigi. Perchè?
Sì, nel 2020 mi sono laureato nel quadro di un doppio titolo di laurea italo-francese in storia dell’arte e archeologia – beni culturali, fra l’Università della Basilicata e l’Université Panthéon-Sorbonne di Parigi (Paris I). Ho avuto dunque la fortuna di studiare nella mia bellissima regione nell’anno in cui Matera è stata capitale europea della cultura, e di vivere nella meravigliosa Lutezia appena prima che il covid stravolgesse il mondo. Parigi mi ha colpito molto, soprattutto per la dimensione microcosmica di una città della quale ho scoperto le peculiarità locali, passeggiando per esempio fra le brasserie dell’Île Saint-Louis, ma anche i caratteri più cosmopoliti, fra cene iraniane e serate con gli amici olandesi. Dopo la triennale, ho deciso di iniziare a Parigi la mia laurea magistrale in storia europea fra l’Université de Paris e l’University College Dublin, dove mi trovo attualmente per il mio semestre all’estero, alla scoperta della magica Éire. Oltre alla storia, come si sarà capito, amo la musica – dal rap newyorkese degli anni ’90 a Giuseppe Verdi –, la letteratura – Friedrich Hölderlin, Drieu La Rochelle e Luigi Pirandello sono fra i miei autori preferiti –, le avventure con gli amici, le conversazioni con le persone più grandi – difatti cerco sempre di ricordare i proverbi di mia nonna – e le chiese gotiche. Reputo fondamentali la famiglia, la passione – sia nelle relazioni sia nei gesti quotidiani –, la curiosità e la speranza, soprattutto quella di un futuro radioso per e nella mia terra, che è la Basilicata.
Perché i giovani lasciano la Basilicata?
C’è chi lascia la Basilicata temporaneamente, con l’intenzione di ritornarvi un giorno, e c’è chi la lascia per sempre, talvolta con rancore. Credo che questi due casi siano diversi. Quando si lascia la regione con rabbia, e con la promessa di non ritornarci mai più, allora le istituzioni e la comunità devono porsi delle domande. Innanzitutto, la Basilicata è una regione relativamente piccola e le prospettive demografiche non sono rassicuranti. Ciò vuol dire che non tutte le ambizioni possono essere realizzate nella regione, ma ciò non può essere l’alibi che la politica usa per giustificare le proprie negligenze in termini di programmazione e di pianificazione del futuro. Se non altro, negli ultimi decenni, il familismo radicato nelle istituzioni, il clientelismo e la chiusura mentale di certi politici e funzionari hanno favorito la fuga di un importante capitale umano, quindi di giovani, dalla regione. Bisognerebbe sostituire quegli esempi di grettezza, di scaltrezza e di trionfante mediocrità – che spesso vengono esaltati nelle leggende metropolitane della nostra regione – con la testimonianza di chi ha grandi sogni per sé e per la collettività, di chi lotta ogni giorno per migliorare la nostra regione. Insomma, considerando le grandi sfide del futuro, bisogna ispirare l’amore per questa nostra terra, non il suo sfruttamento.
Che cosa rappresenta per lei il viaggio?
Viaggiare e fare esperienze fuori è fondamentale, a tal punto che io sarei per l’obbligatorietà di una esperienza fuori dal nido familiare in gioventù. Viaggiando si impara, si arricchisce l’anima ma anche quel bagaglio di conoscenze che potrebbe essere utile per il futuro di una regione come la Basilicata
Cosa offre il suo paese ai giovani?
Acqua, terra, sole, aria pulita, storia, tradizioni, una comunità radicata nel territorio e del buon vino. Insomma, tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno per vivere al meglio. Se è vero che c’è un problema reale di gestione delle risorse, che peraltro riguarda la maggior parte delle regioni meridionali, è altrettanto evidente che gli elementi precedentemente menzionati sono fondamentali per la transizione ecologica, e quindi per il futuro di un paese che potrà puntare sul turismo, sull’agricoltura, sulla manifattura e su un terziario da remoto sostenibili. Sant’Angelo le Fratte è inoltre il paese delle cantine, delle statue e dei murales, e, con la pinacoteca Michele Antonio Saverio Cancro inaugurata quattro anni fa, il paese ha tanto da offrire ai giovani santangiolesi e non solo. C’è poi da dire che l’anima del borgo siamo noi, e tocca dunque a noi giovani dare vita al nostro paese con il nostro impegno lavorativo, civile e culturale.
Cosa manca nel suo paese per migliorare la qualità della vita dei giovani o di chi vive in Basilicata?
Manca una maggiore connessione con il mondo. Ciò fa sentire i giovani esclusi non solo dai processi decisionali locali, ma anche totalmente estranei alle dinamiche politiche e sociali dell’Italia e dell’Europa. La politica assistenziale degli ultimi decenni ha peraltro inibito lo sviluppo di una economia locale solida, e ora, in tempi di crisi, avvertiamo ancora di più questa carenza, che spesso si manifesta nella desolazione di certi pomeriggi uggiosi e silenziosi nel mio e in tanti altri borghi.
Qual è il suo sogno per la Basilicata?
Innanzitutto, sogno una terra vivibile in termini ecologici, meritocratica e abitata da persone industriose ma allo stesso tempo spirituali, quindi sensibili ai problemi del prossimo e dedite alla costruzione di un mondo più bello, sia in termini estetici sia in termini di armonia sociale. Sogno un popolo che sia capace di vedere oltre l’effimero, e che sia quindi disposto a fare sacrifici per il bene di tutta la comunità.
Conosce un lucano che ha fatto cose straordinarie per la Basilicata?
Non ce n’è solo uno. I nostri nonni fecero sacrifici in Germania e in altri paesi europei, ma anche e soprattutto nei terreni agricoli della nostra regione, per sostenere le famiglie dopo il trauma della guerra. Loro sì che sono stati dei lucani straordinari. Altrettanto straordinarie sono quelle persone che hanno rischiato qualcosa, talvolta la stessa vita, per proteggere i nostri territori dalle sconsiderate attività di certe multinazionali animate dalla sete di denaro nella Val d’Agri e non solo, quando molti politici si erano già piegati al volere di queste compagnie. Ogni giorno ci sono lucani straordinari che portano alto il nome della nostra regione in Italia e nel mondo.
Crede nella forza dei giovani?
Ci credo fortemente.
Cosa vi manca più di tutto?
Abbiamo tutto o quasi. Spesso ci manca quel sentimento di unità e di entusiasmo che unisce le persone consapevoli di condividere un destino. In tempi di Covid, ancor di più, manca poi il dialogo, senza il quale non si va da nessuna parte. Ho sempre detto che la rassegnazione è la tomba della Basilicata, mi sento quindi di dire che spesso la mancanza non è materiale ma ideale, nel senso che manca un sogno e una passione capaci di unirci fraternamente.
Come si immagina tra dieci anni?
Dove vuole Dio e magari dove vuole il cuore. Intanto continuo a inseguire le mie passioni.